SONO LE NOSTRE SOCIETÀ SICURE? …  Turchia: strage in night club a Istanbul, 39 morti e 69 feriti. Tra le vittime 15 stranieri – Medio Oriente – ANSA.it

 

Il terrorismo colpisce la Turchia nella notte di Capodanno:

è di almeno 39 morti e 69 feriti l’ultimo bilancio ufficiale di un attacco avvenuto in una famosa e affollatissima discoteca di Istanbul, non ancora rivendicato ma le cui caratteristiche fanno pensare a un attentato a firma Isis. Al momento identificate 21 vittime, di cui 15 straniere.

IL VIDEO, TERRORISTA RIPRESO DURANTE L’ATTACCO

L’attentatore del nightclub Reina di Istanbul non indossava il costume di Babbo Natale, come riferito finora da alcune testimonianze, e ha lasciato la pistola prima di fuggire. Lo ha detto il premier turco, Binali Yildirim.

E nel pomeriggio un uomo armato ha sparato davanti ad una moschea di Istanbul ferendo almeno due persone prima di fuggire. Lo riferiscono i media locali. La sparatoria è avvenuta nel quartiere di Sariyer.

LA STRAGE – Non ci sono italiani coinvolti nel sanguinoso attacco di stanotte alla celebre discoteca ‘Reina’ del centralissimo quartiere Besiktas di Istanbul. Ne ha dato notizia il ministro degli Esteri, Angelino Alfano. E queste sembrano essere finora fra le poche certezze che emergono dopo 15 ore dall’attacco, che è ancora largamente avvolto nella confusione e ancora non è stato rivendicato: non si sa con certezza se il terrorista abbia agito effettivamente da solo.

Di lui si sa che è entrato vestito di nero e incappucciato con un fucile automatico in braccio con cui ha sparato ad un agente di guardia al locale, che all’interno era vestito di bianco con un cappello a pon-pon bianco, che si è cambiato dopo aver massacrato le persone all’interno del locale, “sparando ovunque, come un pazzo”, ed è riuscito a fuggire nella notte, scatenando stamani una gigantesca caccia all’uomo estesa a tutta la Turchia alla quale partecipano almeno 17.000 agenti. Le poche certezze sono quelle suggerite dalle immagini catturate dalle telecamere di sicurezza, ma alcuni testimoni sopravissuti alla strage hanno raccontato di aver sentito sparare più di una persona, forse due o tre terroristi.

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Turchia: strage in night club a Istanbul, 39 morti e 69 feriti. Tra le vittime 15 stranieri – Medio Oriente – ANSA.it

Fine del 2016… La strategia Obama fallisce nuovamente! 

Falliti gli ultimi colpi d’ala dell’anatra zoppa – IlGiornale.it

Nella recente storia americana, nessun presidente uscente aveva mai tentato, nelle sue ultime settimane alla Casa Bianca da «anitra zoppa», di sabotare apertamente il programma del suo successore. A conclusione di otto anni di una politica estera giudicata dai più fallimentare, Obama ci ha provato: prima ha diretto i suoi strali contro Israele, con cui Trump vuole ripristinare i vecchi, strettissimi legami, ordinando di non opporre, come era consuetudine da decenni, il veto americano a una risoluzione del Consiglio di Sicurezza che condanna lo Stato ebraico per la politica di insediamenti in Cisgiordania e mette perfino in dubbio la legittimità della sua presenza a Gerusalemme Est. Sei giorni dopo, ha cercato di avvelenare ulteriormente i rapporti con la Russia, con cui Trump punta a una grande riconciliazione in funzione anti Isis, imponendo sanzioni severissime per il presunto hackeraggio del comitato centrale del Partito democratico da parte di agenti del Cremlino, che avevano l’obbiettivo di danneggiare la Clinton.

Con questi colpi di coda, Obama contava presumibilmente di conseguire due obiettivi: da una parte, legare le mani al presidente-eletto mettendo i bastoni tra le ruote a due delle sue iniziative più innovative (e insinuando addirittura che abbia conquistato la Casa Bianca con l’aiuto dei russi); dall’altra, prendersi una specie di rivincita sui due leader internazionali, Netanyahu e Putin, che negli otto anni della sua presidenza, gli hanno creato i maggiori problemi e con cui ha avuto il peggiore rapporto personale. Salvo sorprese, sembra tuttavia aver fallito su entrambi i fronti.

Nonostante il tentativo di giustificare la rinuncia al veto con la necessità di tenere vivo il concetto dei «due Stati», perseguito senza successo da decenni soprattutto a causa del rifiuto palestinese di riconoscere Israele come «Stato ebraico», la mossa ha finito con il ritorcersi contro Obama: è stata accolta malissimo dal Congresso (compresi molti esponenti democratici), ha spinto Trump a esortare gli israeliani a tenere duro «perché il 20 gennaio è ormai vicino» e non ha influito minimamente sulla politica di Netanyahu, che sa di potere contare sulla «protezione» del nuovo presidente. Anzi, è probabile che proprio per rispondere a Obama, Trump sposti davvero come ha promesso l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme, riconoscendola finalmente come capitale.

Nella partita con i russi Obama aveva almeno una valida giustificazione: Cia e Fbi hanno raccolto solide prove che il Cremlino ha cercato di interferire con una sofisticata offensiva cibernetica nelle elezioni americane. Ma la rappresaglia adottata, con in testa la espulsione di ben 35 diplomatici, è sembrata fatta apposta per spingere il Cremlino come è d’uso a una ritorsione equivalente, alimentando ulteriormente la già esistente guerra fredda e rendendo difficilissima a Trump qualsiasi apertura. Per diverse ore, ieri, è parso che le cose andassero proprio così. Il ministro degli Esteri russo Lavrov aveva già perfino annunciato le contromisure in tv. Ma all’ultimo momento Putin con una mossa che ha spiazzato tutti ha detto che non intendeva reagire a questa «diplomazia di basso livello», ha invitato i bambini dei diplomatici americani al Cremlino e fatto a Obama gli auguri di buon anno. Trump potrà così rimuovere, entro un ragionevole periodo di tempo e senza eccessivo imbarazzo, sanzioni di per sé non del tutto ingiustificate (e approvate anche dai repubblicani) e proseguire nel suo piano; e il presidente Nobel per la pace, appena umiliato dall’esclusione dell’America per le trattative di pace in Siria, se ne andrà a casa con un altro insuccesso.

http://m.ilgiornale.it/news/2016/12/31/falliti-gli-ultimi-colpi-dala-dellanatra-zoppa/1347072/

Crisi in Repubblica Centrafricana: un fragile punto di svolta

centrafica-daniloamelotti-com-mappaINCORAGGIANTI SEGNALI DI CAMBIAMENTO – Se si volge lo sguardo all’indietro, all’inizio della più grave crisi mai avvenuta nella Repubblica Centrafricana dalla fine del dominio coloniale francese (1960), il peggio appare passato.

Floating along the Serengeti

Sullo stesso tono anche la conferenza per il Centrafrica tenutasi a Bruxelles lo scorso 17 novembre, in cui i rappresentanti di più di 80 paesi hanno a parole rinnovato il loro supporto finanziario alle autorità centrafricane impegnate nel restaurare la pace e la sicurezza del Paese, rinnovare il contratto sociale e rivitalizzare l’economia.

 

 

Obiettivi, quest’ultimi, contenuti nel Piano per il recupero nazionale e la costruzione della pace 2017-2021, documento strategico presentato ufficialmente a Bruxelles da parte del presidente Touadéra, con il benestare dell’Unione Europea, della Banca mondiale e delle Nazioni Unite. Fa pensare di essere sulla strada giusta – quella della buona politica basata sulla consultazione delle diverse parti sociali – il fatto che la formulazione di questo piano quinquennale, su cui l’attività del governo dovrebbe fondarsi, riposa sulla consultazione di ben 14 mila persone, coinvolte in incontri bilaterali tra governo e parti sociali, rappresentanti del settore privato, esperti tecnici e finanziari, e al livello popolare, con workshop e distribuzione di questionari in 16 prefetture del paese.

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Questo approccio conferma le buoni   intenzioni che sono state alla base del Forum sulla riconciliazione nazionaleorganizzato nel maggio 2015 a Bangui, a cui presero parte più di 600 partecipanti in rappresentanza delle parti sociali, dei partiti politici, dei media, dell’associazionismo, delle religioni. Questo ottimismo è confermato dall’entusiastica accoglienza riservata al presidente Touadéra al suo rientro da Bruxelles il 22 novembre, che ha precisato «Non sono rientrato a casa con i contanti, ma con la promessa di riceverli».

LO STALLO DELLA POLITICA INTERNA – La crisi centrafricana è diventata una tragedia umanitaria per via dello scontro tra due gruppi armati, ex-Seleka e anti-Balaka, coalizioni multiformi e disomogenee.  Gli Ex-Seleka appartengono alla minoranza musulmana, sono originari delle regioni settentrionali del paese, molti provengono dal Chad e dal Sudan. Gli Anti-Balaka sono gruppi di autodifesa composti da individui di fede cristiana e animista, sorti spontaneamente in reazione alla presa del potere dei Seleka a Bangui nel marzo 2013 e alle violenze perpetrate sui civili. Questo scontro tra gruppi armati è divenuto violenza inter-comunitaria, alimentata dall’identificazione dei civili con le due parti in conflitto. Questa dimensione civile del conflitto ha causato un significativo ridimensionamento della minoranza musulmana attraverso la pulizia etnica e la rimozione forzata, centinaia di migliaia di sfollati e rifugiati, e migliaia di morti tra i civili.

Metà della popolazione centrafricana è ancora in uno stato di bisogno e di insufficienza alimentare, 385.000 sono gli sfollati interni e 466.000 sono i rifugiati nei paesi confinanti (Chad, Cameron, Repubblica Democratica del Congo e Congo). Nonostante siano in crescita i rientri degli sfollati interni (in ottobre 3500, nel 2016 circa 200000) è difficile prevedere quando e secondo quali modalità rifugiati e sfollati ritorneranno nelle loro case, anche alla luce della perenne minaccia che incombe sulla vita dei profughi residenti negli 89 siti per sfollati ad oggi presenti nel paese. L’uccisione di 37 civili, il ferimento di altri 56 e la fuga di migliaia di sfollati dal campo protetto dalle forze ONU nei dintorni della cittadina di Kaga Bandoro (nord-ovest del paese) lo scorso 12 ottobre, testimonia quanto vulnerabile sia la vita umana in Repubblica Centrafricana e quanto sia inefficace la protezione garantita dalla missione internazionale MINUSCA (ora unica forza internazionale rimasta a garantire la protezione dei civili a seguito della conclusione dell’operazione Sangaris alla fine dello scorso ottobre).

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TOUADERA RISCHIA GROSSO – Al di là del favore guadagnato sul piano internazionale, la leadership interna di Touadéra corre seri pericoli di essere destabilizzata dalla frustrazione delle fazioni ex-Seleka che hanno richiesto di occupare posizioni governative, di essere reintegrati nelle forze di difesa e sicurezza nazionale e di implementare politiche più inclusive nei confronti della minoranza musulmana, come precondizione ai negoziati sul disarmo. I negoziati per il disarmo, la smobilitazione e la reintegrazione dei gruppi armati – considerati il nodo più difficile da sciogliere per un’evoluzione positiva della crisi – sono in una fase di stallo. Solo lo sblocco di questa situazione e il raggiungimento di un accordo tra le parti non renderà vani gli sforzi per risolvere questa crisi. La “luna di miele” del presidente Touadéra con il microcosmo politico di Bangui pare essersi conclusa. Malcontento nei suoi confronti è stato espresso anche da leader religiosi e organizzazioni civili. Da ultimo, nuove mire di potere vengono avanzate dal clan del ex-presidente Bozizè, nelle vesti del figlio Francis, che intende porre riparo al flop politico del padre alle presidenziali.

COSA FARE PER USCIRE DALLA CRISI – La crisi in corso, acuitasi a causa del conflitto, è precedente ad esso ed è multidimensionale (umanitaria, economico, politica, sociale, di sicurezza della vita umana). Ha radici profonde, difficili da estirpare: povertà estrema e sottosviluppo, sbilanciamento tra capitale e periferie del paese, svuotamento del sistema statale giudiziario, sanitario e scolastico, diffidenza ed esclusione della minoranza musulmana, mancanza di coesione sociale e forte tensione tra diversi gruppi sociali, economici, etnico e religiosi, cultura dell’impunità, potere corrotto e privo di legittimità popolare. Il nuovo corso politico cominciato nel 2016 si dimostrerà all’altezza solo se si interverrà sulle radici profonde della crisi. Questo significa offrire un’alternativa alla violenza, a cui la popolazione centrafricana ha fatto ricorso come ultima risorsa per sopravvivere a un drammatico status quo.

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Crisi in Repubblica Centrafricana: un fragile punto di svolta

L’EUROPA VUOLE TOGLIERVI LE ARMI… 


DITTATURA!!!
La Commissione Europea sta discutendo in questi giorni l’approvazione di una legge che limita fortemente l’acquisto di armi da fuoco da parte di privati. Una legge simile a quella introdotta dal Terzo Reich che sancì lo stesso divieto nel 1938. A partire da quell’anno, fino al 1945, sono 13 milioni le vittime dei campi di concentramento, tra ebrei e dissidenti politici.C’è chi, riferendovisi, non esita a parlare di un vero e proprio divieto de facto.
Lo scopo ultimo per l’Unione europea, però, sarebbe quello di precludere l’armamento dei gruppi terroristici che stanno insanguinando l’intera Europa.
La manovra riguardante il mercato legale è concepita come complemento ad un’altra, che sta compiendo in contemporanea il medesimo iter burocratico, atta a contrastare quello illegale da cui, dati alla mano, i terroristi attingono quasi esclusivamente per ottenere ciò di cui necessitano. Al momento le concrete iniziative in quest’ambito sono, però, pubblicamente non meglio specificate.
La limitazione ai danni dei privati cittadini, pur muniti di regolare porto d’armi, riguarderebbe “solo” la possibilità di accedere alle armi semi-automatiche e a quelle cosiddette disattivate, ovvero la maggior parte di quelle possedute da privati.
La stessa Commissione Europea precisa che il pericolo derivante dall’acquisto delle semi-automatiche deriva nel fatto che esse possano essere facilmente “trasformate” in automatiche mediante l’installazione di appositi kit reperibili illegalmente. Queste ultime, peculiari per la predisposizione a sparare ininterrottamente e senza rilascio del grilletto fino all’esaurimento delle munizioni, risultano quelle più utilizzate negli attentati terroristici, data la loro superiore capacità di offendere.
Per armi disattivate si intendono, invece, quelle che hanno subìto una serie di contestuali interventi, ad opera di organi preposti, al fine di essere rese non più funzionanti. Una volta classificate come disattivate queste armi scompaiono dai registri ufficiali, ed è proprio in questo momento che sorge il rischio, dato che il processo di disattivazione non è sempre irreversibile. Potrebbero finire in mano a malintenzionati, quindi, armi nuovamente e perfettamente funzionanti, ma non più rintracciabili.
La manovra riguarderebbe anche chi già possiede un’arma dei due generi “incriminati”: per loro ne viene previsto il sequestro.
Le critiche al progetto di legge sono sorte immediate e numerose.
La prima riguarda proprio il fatto sopracitato, ovvero che, nella quasi totalità degli atti criminali di cui si sono resi protagonisti, i terroristi risultino essersi approvigionati dai mercati neri internazionali, primo fra tutti quello balcanico.

Quest’ultimo si nutre dell’immenso arsenale conservato nei paesi della ex Jugoslavia, eredità delle guerre d’indipendenza combattute negli anni 90 dagli indipendentisti dei vari paesi in lotta contro la Serbia di Milosevic, intenzionata invece a consolidare la propria egemonia all’interno della confederazione guidata precedentemente dal defunto generale Tito.
Quella oggetto di discussione, insomma, sarebbe una legge che secondo i detrattori porterebbe a risultati modesti, per non dire nulli, in termini di contrasto al terrorismo. Ad esserne danneggiati, invece, sarebbero esclusivamente i cittadini regolarmente armati.
La questione, inoltre, arroventerà un dibattito che, specialmente in Italia, è già caldissimo, ovvero quello riguardante la possibilità di difendere sé stessi, i propri cari od i propri beni da malintenzionati o presunti tali.
C’è poi chi pone poi l’attenzione sul numero di lavoratori che resterebbero senza occupazione nel caso di una così forte contrazione del mercato globale delle armi da fuoco.
Al di là degli enormi interessi lobbistici, ci si vuol qui riferire ai numerosissimi operai che popolano quotidianamente a vario titolo gli stabilimenti produttivi sparsi in tutto il mondo, e che contribuiscono ad un commercio dall’indotto spaventoso. È stato calcolato che dal 2012 al 2016 la sola esportazione di “armi comuni”, ovvero quelle per difesa personale, sport e caccia, abbia creato un giro d’affari, in Italia, di 350 milioni di euro.
Il secondo ordine di critiche è invece retrospettivo: nel corso del XX secolo il divieto ai civili di armarsi è stata la prerogativa a stermini e genocidi terribili, perpetuati da regimi più o meno apertamente dittatoriali di qualsivoglia orientamento ideologico.
Le distinzioni, ovviamente, sono doverose: si trattava di contesti geo-politici e storico-culturali fortunatamente ben diversi da quelli in cui sta vivendo l’odierna Unione Europea.
Eppure la constatazione di questo dato di fatto non manca di gettare un’ombra un pò inquietante sull’intera vicenda.
Tra il 1915 ed il 1917 avviene il cosiddetto olocausto degli armeni: ammontano a circa 1,5 milioni coloro che vengono deportati e sterminati ad opera dell’Impero Ottomano. Nel 1911 erano stati resi inoffensivi dal divieto di possedere armi.
Nel 1929 anche l’Urss introduce il divieto di possesso di armi rivolto ai civili. Da quella data al 1953, anno della morte di Stalin, le “grandi purghe” sovietiche hanno sterminato circa 20 milioni di dissidenti, precedentemente resi impossibilitati a difendersi.
Il Terzo Reich tedesco guidato da Hitler introduce lo stesso divieto nel 1938. A partire da quell’anno, fino al 1945, sono 13 milioni le vittime dei campi di concentramento, tra ebrei e dissidenti politici.
La Cina ha disarmato i propri civili nel 1935. Circa 10 anni più tardi e fino al 1952, il leader del paese e del partito comunista, Mao Tse-tung, ne viene avvantaggiato per l’eliminazione di circa 20 milioni di dissidenti indifesi.
Le forze governative del Guatemala, successivamente condannate per genocidio, introducono il divieto nel 1964. Da quell’anno fino al 1981 ben 100mila indiani Maya, quasi tutti contadini poveri, vengono sterminati con l’accusa di sostegno ai ribelli antigovernativi.
I comunisti cambogiani, freschi vincitori della guerra del Vietnam a fianco dei nordvietnamiti contro gli Usa, hanno approfittato del divieto per i civili di armarsi in vigore dal 1956 per eliminare, tra il 1975 ed il 1977, un milioni di cittadini allo scopo di imporre il potere comunista nel resto dell’Indocina.
La storia, insomma, ci offre una curiosa (e fosca) suggestione riguardo l’eventuale approvazione della legge che l’UE si appresta a discutere.
E se nessuno vuole insinuare che le intenzioni dei governanti europei siano nemmeno paragonabili a quelle di coloro che li hanno preceduti nell’approvarla, è un dato di fatto che la limitazione degli armamenti privati abbia costituito una tentazione irrinunciabile per molti governi rivelatisi successivamente assoluti.
Spesso chi sostiene che il rapporto tra numero di armi pro capite e numero di reati violenti compiuti cresca in maniera direttamente proporzionale, porta ad esempio gli Stati Uniti.
L’oggettiva facilità nell’acquistare armi in territorio americano sarebbe quindi, semplificando, una delle cause della scarsa sicurezza sociale e della difficoltà nel contrastare gli atti violenti di cui le stesse armi da fuoco sono spesso protagoniste.
Questo mito viene inesorabilmente sfatato nel momento in cui si analizza la situazione della Svizzera. Quest’ultima, infatti, in proporzione al numero di abitanti, vanta il più alto numero di armi pro capite dell’intera Europa. Pur restando distanziata dalle cifre relative agli Usa, si è calcolato che, nel 2016, per ogni 100 abitanti elvetici siano ben 45 quelli armati (in Italia ce ne sono meno di 12).
Eppure, diversamente dagli Stati Uniti, la Svizzera è da svariati anni, nel panorama europeo, uno dei paesi col minor tasso di criminalità, collocata appena a ridosso degli insuperabili paesi scandinavi.
Per concludere, al di là delle elucubrazioni su corsi e ricorsi storici e del fuorviante rapporto armi-abitanti, ciò che conta davvero per mantenere sotto i livelli di guardia la tensione sociale di un paese dev’essere ricercato, ad esempio, nell’integrazione di stranieri e minoranze, nel livello medio dei salari, nella disoccupazione e nello stanziamento delle forze di polizia sul territorio.

(Autore: Luca Pegoraro – 29 dicembre 2016) 
Danilo Amelotti (che ovviamente sposa lo scritto!)

Chi si fida è perduto! Renzi e i diritti negati ai disabili, ecco il video censurato

Dopo queste mie brevi considerazioni pregherei tutti di sedersi e prendersi il tempo di vedere il video (cliccando sul link in fondo).

Il Grave fatto del nomenclatore non aggiornato ha molteplici risvolti nella valutazione che ogni cittadino dovrebbe fare sia sull’amministrazione di questo (e dei precedenti) governo, sia sul attuale Presidente del Consiglio (che per inciso amo ricordare essere stato nominato non dal popolo!).

Se posso concordare sul fatto che aggiornare un documento così complesso ed importante come il Nomenclatore, dopo ben diciassette (17) anni che non veniva nemmeno tolto dal cassetto, sia un operazione di sicura complessità e che richieda molto tempo, non capisco per quale motivo il presidente del Consiglio Italiano debba insistere nella menzogna.

Al posto suo, una persona seria e competente (non di nomenclatore, quanto di burocrazia) avrebbe immediatamente dovuto prender tempo: quel tempo sarebbe stato necessario ad analizzare la situazione, a quantificare in termini di tempo, di soldi e d’impegno quanto sarebbe servito per produrre un nuovo documento, e poi avrebbe dovuto e potuto rispondere nei dovuti modi e termini a qualunque persona ne richiedesse chiarimenti.  Questo ovviamente non si e’ verificato, producendo non solo tremendo disagio in chi a quelle sue “parole leggere” aveva voluto credere, ma anche una conseguente dimostrazione di menefreghismo dell’istituzione.

Alla luce di questo, mi chiedo come si possa pensare che sia questa persona sia il suo strascico di ministri ed attendenti, siano stati in grado di modificare il testo della costituzione Italiana!

Una persona che non sa gestire una situazione si grave, ma non impossibile, una persona che non riesce nemmeno a coordinarsi con i suoi ministri e responsabili di settore, una persona che ama “sparare frasi ad effetto e promesse inattendibili”,  non può a parer mio in nessun modo essere considerata in grado di modificare un testo complesso e delicato come “LA COSTITUZIONE ITALIANA”.

Concludo affermando che penso sia questo il motivo che ha spinto “L’autority” a bloccare la messa in onda del servizio per parcondicio, ovvero per non “palesizzare” ulteriormente l’incapacità “costituzionale” di chi ci propone un referendum sulla modifica della costituzione Italiana!

Danilo Amelotti

#daniloamelotti

Ecco il tanto discusso servizio di Filippo Roma sul premier Matteo Renzi e i diritti negati ai disabili, che per motivi di par condicio prima del referendum non ci lasciano trasmettere questa sera in tv. Dopo 17 anni di imperdonabile ritardo da parte dello Stato, Matteo Renzi ha mantenuto la promessa fatta ai disabili […]

Source: Renzi e i diritti negati ai disabili, ecco il video censurato | Imola Oggi

PERSINO LONDRA è CONTRO IL TTIP. E NOI INVECE, OBBEDIAMO. 

Scritto da Maurizio Blondet, 27 aprile 2016 

La buona notizia: subito dopo la visita di Obama che ha ordinato di non uscire dall’Europa, il numero degli inglesi che voteranno il Brexit è diventato maggioranza. E’ la prima volta, secondo i sondaggi. Ma non è tutto ‘merito’ del mezzo-kenyota (come l’ha chiamato il sindaco della capitale Boris Johnson).

E’ che è ora pubblico il rapporto della London School  of Economics sugli effetti del TTIP, il trattato transatlantico.

Lo studio l’aveva commissionato Cameron, sperando di trovarvi argomenti per la sua propaganda atlantista. Dopo averlo  letto, l’ha secretato. E’ stato costretto  a  rilasciarlo  in base al Freedom Of Information Act (un tipo di legge sulla libertà d’informazione che in Italia non esiste) su istanza giudiziaria di  Global Justice Now, un gruppo di cittadini attivi.

La London School (LSE) è una storica università  imperiale, una delle centrali dell’ortodossia liberale, ovviamente pro-governativa,  mica un sito alternativo. Ebbene: la sua valutazione del TTIP è devastante. Per il Regno Unito, dice chiaro, l’introduzione del Trattato transatlantico “configura moltissimi rischi e quasi nessun beneficio”.

L’istituto – che è una voce autorevolissima –  punta il dito specificamente sulle camere arbitrali,  i tribunali (privati e segreti) istituiti dal Trattato, davanti a cui le multinazionali possono trascinare gli Stati, protestando che certe leggi ostacolano il suo business, e quindi la libera concorrenza.

Fra gli esempi, il LSE ne ricorda alcuni: l’Australia querelata dalla Philip Morris per aver imposto per legge pacchetti anonimi; la Philip Morris che denuncia l’Uruguay per aver questo stato messo un annuncio del tipo “Il fumo danneggia la salute” sui pacchetti.

Esempi più sinistri ancora: l’Argentina denunciata e condannata per avere bloccato i prezzi  delle bollette elettriche,  a protezione dei cittadini consumatori, durante il tragico collasso economico.  La Veolia, la multinazionale francese che gestisce i servizi di acqua, energia e nettezza pubblica, la quale ha avuto lo stomaco di denunciare l’Egitto per aver introdotto il salario minimo, cosa che secondo la ditta la danneggia.

Non potrebbe essere più chiaro: non è capitalismo, è il ritorno alla legge della jungla.Il Regno Unito, che nonostante il suo liberismo mantiene una legislazione sociale robusta, si troverebbe in modo permanente sul banco degli accusati, soggetto a multe e punizioni e obbligato a cambiare punti essenziali del diritto. “C’è motivo – dice il LSE – di aspettarsi che il trattato UE-USA imporrà costi significativi al governo. Basandoci sull’esperienza del Canada nel NAFTA [il trattato pan-americano gemello del TTIP], ci dobbiamo attendere che le clausole di “protezione dell’investitore” [del TTIP]  saranno regolarmente invocate da investitori USA per atti del governo  del Regno che di norma non sono contestabili secondo il diritto nazionale”.  Per cui, continua l’Istituto con tipico understatement, “si ha poco motivo di ritenere che [il Trattato] darà al Regno Unito benefici di qualche significato.  Si ha scarso motivo di credere che darà al Regno Unito benefici politici significativi”

Chi vuole leggere l’intero studio, lo trova qui: http://www.globaljustice.org.uk/news/2016/apr/25/foia-reveals-governments-assessment-ttips-corporate-courts–lots-risks-and-no

Né vantaggi economici, né politici. A questo punto bisogna chiedersi perché i “nostri” governanti  europei, quelli che in qualche modo abbiamo eletto a rappresentarci, stiano ancora operando sottobanco – in combutta con Bruxelles – per ingabbiarci nel TTIP. Qui evidentemente obbediscono ad ordini che superano persino il livello del  presidente USA,  quello che può essere sbeffeggiato mezzo-kenyota;  un ridicolo personaggio che fra pochi mesi non conterà più nulla  (in Italia, laudatissimo  fino alla fine  dal Partito Radicale, il più americano dei gruupuscoli).

Ha detto alla Merkel che accogliendo milioni di profughi “è nella parte giusta della storia” un tizio, pateticamente fallito, che fra un anno sarà nella  discarica della storia.  Non è certo lui ad avere la forza propria per ordinare agli europei quel che ha ordinato: accelerare l’approvazione del TTIP, continuare le sanzioni contro la Russia, dare più soldi alla NATO impegnata in rotta  bellica contro Mosca.

Obama e i suoi successiEppure la Merkel , Hollande, Renzi hanno accettato tutti i diktat senza  un’obiezione (solo Hollande, incredibile, ha piagnucolato che è difficile far passare il TTIP senza revisioni:  dato  lo stato di rivolta dei francesi, è comprensibile).  La Merkel soprattutto:  in calo  elettorale, col disastro della “accoglienza”   che ha mostrato la stupidità della sua leadership,  e destabilizzao   la UE; con la maggioranza dei tedeschi che vogliono la fine delle sanzioni anti-russe secondo tutti i sondaggi; con la sorella Austria che alza le barriere per non essere invasa, e dà  una simbolica maggioranza al partito “xenofobo”  –  non ha certamente alcun vantaggio, né economico né politico, da riscuotere  per il suo servilismo. Lei, da sempre ossessionata dai sondaggi, fa’ harakiri politico  pur di obbedire alla Forza Oscura che dirige i destini poltici d’Europa.

Nelle settimane scorse, la Commissione europea ha continuato l’inglobamento di fatto dell’Ucraina –  sta abolendo i visti – all’indomani del referendum dove il 64% degli olandesi ha detto NO.  “La gente vota per qualunque cosa, ma di rado sul tema del referendum”,  ha schernito quel risultato Martin Schulz, il presidente del palamento europeo:  Schulz ha  il fiato pesante di totalitarismo, si sente troppo  che  sta obbedendo alla Forza.  Sui paesi che hanno elevato controlli per non essere invasi dagli immigrati,   lo stesso personaggio ha parlato con spregio di “ricchi che abitano da qualche parte e chiudono la porta”, di “egoisti, di nazionalismo che non è che un egoismo allargato”. Ora, chiamare “ricchi” gli ungheresi, è veramente odioso. E ciascuno è in grado di notare come Schulz usi gli stessi argomenti e lo stesso disprezzo del primo Papa la cui elezione è  stata salutata con trionfo dalla Massoneria.

Ad Hannover, investita da una colossale manifestazione anti TTIP, la Merkel s’è accordata con Obama di approvare e far approvare dagli europei il TTIP entro l’anno.  Bruxelles ha di nuovo aperto alle sementi e ai pesticidi Monsanto.  Nessuna protesta dei “nostri governanti”  contro il fatto che gli Stati Uniti, in Siria, hanno violato il cessate-il-fuoco e stanno fornendo armamento eccezionalmente pericoloso per l’aviazione russa:  come ha rivelato la rivista Janes’s, inglese, un’autorità nel suo genere e non certo anti-occidentale.

armi usa ai terroristi

http://www.janes.com/article/59374/us-arms-shipment-to-syrian-rebels-detailed

 

A quale Forza obbediscono? Non si può qui evocare che il celebre detto del banchiere James Warburg (1896-1969), membro del Council on Foreign Relations  al Senato americano: “Avremo un governo mondiale, che vi piaccia o no. La sola questione che si pone è di sapere se questo governo mondiale sarà stabilito col consenso o con la forza ”

Ma la colpa finale non pesa sui “nostri” governanti. Pesa su di noi, passivi incapaci di difendere i principii della libertà e della dignità. Il totalitarismo del 21mo secolo ci è sopra,  e noi “vigiliamo” sì, ma contro il Nazismo, il “fascismo”, l’autoritarismo, la “xenofobia”….. Come ci ha prescritto il loro Mattarella.  E Schulz, e El Papa.

Forse si salveranno gli inglesi. E forse, anche noi.

Source: PERSINO LONDRA è CONTRO IL TTIP. E NOI INVECE, OBBEDIAMO. – Blondet & Friends

In un mondo di disonesti, c’è sempre chi spicca più di altri … il mio commento all’articolo: “Maria Elena Boschi: banche e petrolio, le mie verità. Posso sbagliare ma mai in malafede, poteri forti contro governo”

La Boschi si difende, parla di poteri forti che li vogliono schiacciare.  A vedere ciò che è successo nei passati governi, ciò che succede in Europa con le banche, l’Euro ecc., forse gli si potrebbe anche credere, o semplicemente arrivare alla deduzione che in un mondo di “disonesti” c’è chi spicca più di altri!

Ed a giudicare dallo “scandalo” Panama, chi non ha mai commesso peccato scagli la prima pietra!  (beh che ci crediate o meno, io ci potrei andare a scagliare una pietra, e sono convinto che ci potrebbero andare anche moltissimi di voi!)

vi lascio all’articolo!

Danilo Amelotti

 

“Io quel provvedimento lo difendo, risponde a una necessità, crea lavoro. Naturalmente posso sbagliare, non dico di essere perfetta. Ma anche nei miei errori c’è sempre la buonafede, mai la lusinga di qualcuno o gli interessi personali”. È quanto afferma alla Stampa, il ministro Maria Elena Boschi, che precisa: “Mai conosciuto il fidanzato della Guidi. Io favori a mio padre? Non c’ero nelle riunioni decisive, il Tesoro fece il decreto”.

“Ogni settore che smuove posti di lavoro ha le sue lobby – spiega Boschi -.  Noi abbiamo una linea chiara: sbloccare il Paese, toglierlo dalle sabbie mobili della burocrazia. Vale per le estrazioni, per l’edilizia che ha perso oltre mezzo milione di posti di lavoro, per la banda larga. Non sapevo nulla del compagno di Federica. Ma conosco molto bene il provvedimento, atteso dal 1989. Era ed è sacrosanto. Se poi il compagno di Guidi o chiunque altro ha violato la legge, giusto che ne risponda. Noi abbiamo semplicemente fatto la cosa giusta per l’Italia”.

“Certo che con la Guidi ho parlato di quell’emendamento – aggiunge quindi -. Ma non sapevo quali interessi avesse Gemelli”. Sulla norma entrata e uscita alle quattro di notte, Boschi osserva che si tratta di “normali dinamiche parlamentari”.

Succede sempre, si trovano almeno altri cento esempi simili negli ultimi due anni”. “Certo che intorno alle opere pubbliche si muovono interessi. È ovvio – commenta anche -. Ma non per questo si deve bloccare tutto altrimenti l’Italia muore. Occorre avere due stelle polari: la legge e la propria coscienza. Io personalmente le ho rispettate entrambe. Ci attaccano i poteri proprio perché non siamo schiavi dei poteri forti, non siamo il terminale di niente e di nessuno. Questo non piace a molti”.

Sull’offensiva dei giudici, Boschi afferma: ” Tra alcuni dei nostri c’è la tesi di un’azione giudiziaria legata al referendum sulle trivelle; ma io non ci voglio credere”. Su Beppe Grillo, aggiunge: “Ho apprezzato che a nome del Pd Bonifazi abbia chiesto i danni civili e penali a Beppe Grillo”. E sul caso Etruria: “complessivamente abbiamo in Banca Etruria poche migliaia di euro in tutto. E mio fratello ha ottenuto un mutuo con sua moglie”.

Source: Maria Elena Boschi: banche e petrolio, le mie verità. Posso sbagliare ma mai in malafede, poteri forti contro governo

REFERENDUM DELLE TRIVELLE: SI, NO, ASTENUTO O COSA?

Il 17 corrente mese (ovvero 17.04.2016) ci verrà chiesto di esprimere il nostro parere sull’abrogazione parziale di norma del comma 17, terzo periodo, dell’articolo6 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (norme in materia ambientale), come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Disposizioni per la formazione del bilanci annuale e pluriennale dello Stato – legge distabilità 2016), limitatamente alle seguenti parole: <<per la durata di vita utiledel giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale>>.  Votando “SI” si richiederà l’abrogazione della norma, votando “NO ci si esprimerà per il mantenimento della norma quale è attualmente.

Detto questo, penso che molti di voi (come me quando l’ho letto la prima volta) staranno cercando nel vocabolario di “Ostrogoto” cosa quella frase voglia significare! A leggere dai vari post di Facebook, o a sentire le varie interviste in televisione forse ci siamo fatti un idea, ma lungi dall’esser veramente capita. Questo perché troppo spesso, chi ci spiega di cosa si tratti questo referendum, invece di dirci semplicemente cosa esso rappresenti e cosa significhi modificare o mantenere la norma specifica, lo usa a solo scopo propagandistico elettorale: è quindi, omettendo o aggiungendo una parola qua ed una parola lá, che ci fa sembrare di dover votare per una cosa che in realtà non è assolutamente pertinente con la reale richiesta.

Allora per quello che sono riuscito a decifrare dalle mille pagine ove ho cercato e dalle mille informazioni ricevute, posso affermare con quasi piena certezza che la norma in questione non abolisce né le trivelle, né impedisce l’estrazione del petrolio, bensì interessa solo ed esclusivamente quegli impianti di PRODUZIONE (attivi e già perforati, 20 o 30 anni fa) di GAS entro le 12 miglia dalla costa, quindi solo in mare .

Sostanzialmente chiede se volete chiudere i rubinetti del gas di giacimenti in produzione, allo scadere della concessione oppure se, visto che il giacimento è già perforato e già in produzione, volete consentire che si lasci il rubinetto aperto, sino ad esaurimento del giacimento stesso. 

Quindi cosa votare? qual è la miglior o più giusta scelta?

Io, non essendo né uno scienziato, né un politico, né un esperto di leggi e norme,ho cercato di capire meglio e , detto onestamente, ancora oggi, nonostante le molte ricerche effettuate con molti mezzi differenti, continuo ad avere diversi dubbi.Come in molte cose (anzi tutte) le opinioni e le informazioni sono estremamente discordanti (a seconda di chi le pronuncia o di dove le si cerca),e stabilire realmente quale sia la cosa migliore diventa estremamente complicato.

Una cosa comunque mi sembra di averla capita, nessuno dei politici interessati all’informazione su questo referendum riesce a restare “super partis”, ovvero riesce a comunicare delle informazioni “tecniche, complete, e prive di indicazioni di voto”.

Beh certo voi direte la politica è così, ma quando parliamo di un REFERENDUM, ovvero a mio personale avviso, un mezzo che usa chi deve decidere per capire cosa realmente il popolo desideri maggiormente o pensi sia più giusto, non dovrebbe esserci alcun inquinamento politico di parte, alcun gioco di partito o schieramento di scuderia, semplicemente ci dovrebbe essere un informazione completa ed imparziale sulla questione da votare, ed eventualmente un opinione, ma non un diktat! Così, chi è incaricato di attuare le decisioni avrebbe una chiara (si spera) risposta del popolo, e potrebbe semplicemente applicarla.

Ma questo non accade quasi mai, e come in questo caso, si cerca di tramutare un referendum che dovrebbe decidere della “salute” della nostra nazione e del nostro ambiente in un sondaggio elettorale per poter dimostrare ad una o un altra parte delgoverno da che parte pende la bilancia dei consensi!

E’ proprio così che siamo arrivati ad oggi in un’ Italia dipendente quasi totalmente dall’estero per la fornitura di energia invece che esserne un attore e fornitore principale per l’Europa. Se ad esempio volessimo vedere la questione delle energie rinnovabili, (quindi parliamo di energia Eolica, Geotermica, idroelettrica, Marina, Solare, e Biomasse) ed andassimo a ritroso nel tempo, vedremmo come negli anni passati, tutto quello che oggi ci viene indicato come il futuro dell’energia “pulita” veniva indicato come deleterio ed addirittura quasi più dannoso del sistema tradizionale. Le pale Eoliche venivano denigrate ed accusate di essere fortemente inquinanti nello smaltimento e dannose per l’ecosistema (soprattutto se in mare), i pannelli solarivenivano indicati come inefficienti e fortemente inquinanti, il geotermico veniva indicato come la possibile causa di disumani terremoti e smottamenti: insomma, di ecologico non c’era nulla, e i combustibili fossili rimanevano il sistema “migliore”!

Eppure la morfologia Italiana ci avrebbe permesso di sfruttare al massimo tutte le cosiddette “fonti rinnovabili” al punto che avremmo potuto fornire energia a tutta l’Europa.

Allora oggi, mentre tutti cercano di ridurre le centrali nucleari, impiantano pale eoliche ovunque, sfruttano ogni tetto per il fotovoltaico ecc., noi siamo ancora qua a chiederci se dei pozzi aperti 20 o 30 anni fa siano da chiudere prima della fine del giacimento oppure se si debbano sfruttare fino alla fine, facendo passare da una parte il combustibile ricavato come una risorsa per noi importantissima e dall’altra come se queste piattaforme fossero la causa principale di tutto l’inquinamento del mar mediterraneo!

Ma nel frattempo la terra dei fuochi brucia, le pale eoliche le installano ditte straniere, i pannelli solari arrivano dalla Cina, le nostre centrali vanno con carbone tedesco, e noi ci arrovelliamo il cervello per capire se dire SI, NO o astenuto!

Concludo affermando che secondo me, l’unica vera differenza che avremo tra un Si ed un No sono migliaia di disoccupati in più o in meno, ed un po’ più di dipendenza energetica/economica dall’estero rispetto a quella che già abbiamo ora.  L’inquinamento ormai, se c’è stato rimane anche se si chiudono tutti i pozzi.  Alla fine, quando il 17 sera o il 18 verranno scrutinate le schede gli italiani avranno forse nuovamente perso un occasione per dire la loro, ed uno o un altro partito politico proclamerà la sua vittoria!

Danilo Amelotti

A TUTTI I PARACADUTISTI … DA PARACADUTISTA A BARBONE SULLE PANCHINE DI VOGHERA | Congedati Folgore

Oggi scrivo queste due righe veloci per richiamare tutti i membri passati e presenti della folgore ad un gesto di solidarietà nei confronti di un fratello in difficoltà!

Sinceramente detto, sappiamo tutti che i tempi non sono rosei per molti Italiani, i quali sono sempre più spesso abbandonati al loro destino da Istituzioni cieche e sorde, che ormai sembrano aver completamente dimenticato che NOI ITALIANI siamo i primi a dover usufruire di aiuti ed assistenza.

Leggere poi di un Paracadutista che si ritrova a dormire sulle panchine di una città, sicuramente mi rattrista ancora di più.  Come in tutte le vicende che coinvolgono appartenenti alle forze armate e di polizia,  infatti, sembra che se l’istituzione abbia dimenticato il cittadino Italiano, sicuramente non abbia proprio alcun barlume di interesse per quei cittadini che hanno servito o ancora servono la patria e la bandiera!

Certo, a leggere l’articolo del fratello Valerio, non possiamo assolutamente dire che il comune abbia preso esempio dallo stato centrale (cosa di cui mi compiaccio e personalmente ringrazio il comune), e che quindi stia cercando di aiutare un cittadino in seria difficoltà, ma purtroppo, sembra non basti.

Allora vorrei esortare tutti i paracadutisti che leggono a spargere il messaggio di Aiuto del nostro Camerata Valerio, affinché gli si possa trovare una degna sistemazione e gli si possa restituire la dignità di uomo e di Paracadutista.

FOLGORE!

 

Folgore

 

VOGHERA Valerio Moroni, paracadutista nel 1991 e poi nel 1997 sminatore in Bosnia, ha vissuto sino a pochi giorni orsono su una panchina di Voghera, al parco della Locomotiva ed ha problemi di salute. Negli ultimi tempi gli è stato messo a disposizione da una famiglia un garage adibito a stanza dietro all’edicola di via Cavour. «Noi gli diamo una spazio al piano terra e la colazione al mattino, un’altra signora la cena e un altro residente gli permette di fare la doccia», spiega il proprietario. Valerio racconta la sua storia in presenza dell’assessore alla sicurezza Giuseppe Carbone, a quello ai servizi sociali Simona Virgilio e ad alcuni volontari che conoscono la situazione. Gli era stato offerto un alloggio del comune ma, «la casa era lontano e non c’erano pullman per spostarmi. Se dovessero darmi un alloggio più vicino all’ospedale dove devo andare a fare l’insulina, accetterei». «C’è volontà di trovare una soluzione, però è necessario che accetti una struttura dove essere curato», rispondono entrambi gli assessori mentre parlano con Valerio. I volontari della assistenza pubblica dicono : «Facciamo un appello a chiunque voglia dargli una mano»,

Source: DA PARACADUTISTA A BARBONE SULLE PANCHINE DI VOGHERA | Congedati Folgore

Putin avverte: guerra mondiale sempre più probabile!

Tra i molti articoli riguardanti Putin e le sue discussioni sui recenti fatti che coinvolgono la Russia nella guerra al terrorismo in Siria, l’articolo che segue da una buona visuale sui problemi che tutto il mondo potrebbe presto dover affrontare.

Non si può negare che, nell’immobilismo generale, Putin sia al momento l’unico Leader “occidentale” a contrastare con mano ferma la predominanza terroristica nella regione.  Non solo, spesso le sue allocuzioni palesano e ripercorrono pensieri comuni letti nei vari commenti a fatti recenti in tutte le piattaforme di social media, ovvero, la dove a parlare non sono testate giornalistiche strumentalizzate o politici che mirano a conquistare una o un’altra fazione, ma sono “la gente qualunque”, che vedendo ciò che succede nel mondo esprime il suo “semplice ed ingenuo” pensiero!

Si potrebbe pensare che anche il Presidente Putin legga i Social media, e nel tentativo (per il momento di successo) di conquistare l’opinione pubblica, segua semplicemente il desiderio del popolo.  Ma bisogna comunque fare attenzione;  non bisogna infatti credere che “il lupo” sia improvvisamente diventato buono, bensì capire che comunque la si voglia mettere e guardare, quel lupo sta facendo il suo interesse, e che quando esso cesserà, probabilmente, ritornerà ad essere quel lupo che tutti conoscevamo.

In virtù di questa mia considerazione allora, sarebbe bene che le nostre forze politiche smettessero di tergiversare su ogni decisione (quasi come se il tempo possa realmente risolvere i problemi la dove ormai sono diventati fatti), ed iniziassero ad attuare delle reali politiche estere difensive dei nostri e degli altrui diritti e territori!

Come sempre vi lascio all’articolo dal quale ho preso spunto, con la certezza che molti di voi non potranno far altro che pensare: “cavolo, Putin ha proprio ragione”!

Danilo Amelotti

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L’ARTICOLO:

Agli Usa: “perchè fare distinzione tra i terroristi in moderati e non moderati? Le armi fornite alla cosiddetta opposizione ‘moderata’ in Siria sono finite direttamente nelle mani dei terroristi”.

ROMA (WSI) – L’avvento di una guerra mondiale sta diventando ogni giorno più probabile. A lanciare l’allarme – o la minaccia? – è Vladimir Putin, presidente della Russia, che non ha assolutamente intenzione di fare un passo indietro nelle strategie ben chiare di politica estera, e che accusa piuttosto gli Stati Uniti: “loro e solo loro sarebbero responsabili dell’escalation delle tensioni in Medio Oriente e nel mondo”… Anche perchè poi, sul fronte del disarmo nucleare – sottolinea – non c’è stato alcun progresso. Avevamo il diritto di aspettarci che lo sviluppo del sistema missilistico di difesa degli Usa si sarebbe fermato. Ma non è accaduto nulla del genere, dal momento che invece continua. Questo è uno scenario molto pericoloso, che arreca danni a tutti, inclusi gli Stati Uniti stessi. (…)

Alcuni hanno anche l’illusione che una vera vittoria di una delle varie controparti possa essere raggiunta in un conflitto globale, senza conseguenze irreversibili per lo stesso vincitore – sempre se ce ne sarà mai uno”, è quanto ha detto Putin, in occasione del forum di Valdai, che si è tenuto a Sochi.

LEGGI:  IL PARTITO DEMOCRATICO AUTORIZZA L’EMBARGO ALLA RUSSIA SPINGENDO PMI ITALIANE AL FALLIMENTO E ONESTI LAVORATORI IN MEZZO ALLA STRADA

Putin ha confermato la sua volontà di abbattere il terrorismo, tornando a giustificare la strategia militare e di geopolitica che lo ha portato a intervenire in Siria.

“Noi continueremo a fornire assistenza a tutti i paesi minacciati dai terroristi”.

Una critica aperta verso la politica estera degli Stati Uniti è arrivata nel momento in cui ha affermato che non esiste alcun bisogno di fare distinzioni tra i terroristi moderati e non.

“Perchè fare questo gioco di parole e dividere i terroristi in moderati e non moderati. Qual è la differenza?”, ha detto il presidente russo. “Il successo nella lotta ai terroristi non può essere raggiunto usando alcuni di loro per rovesciare regimi che non piacciono, perchè poi è solo un’illusione quella di poterli gestire in un momento successivo”.D’altronde, “le armi che sono state fornite alla cosiddetta opposizione ‘moderata’ in Siria sono finite direttamente nelle mani dei terroristi”.

Secondo Putin, il pericolo è proprio nella convinzione degli Usa di avere la capacità di vincere una guerra contro quelle nazioni che fanno parte della loro lista nera (come appunto la Russia, l’Iran e la Cina).

“Washington crede che l’America possa vincere senza rischiare conseguenze simili ai danni che infliggono ai loro nemici. Ma questo, ha ripetuto Putin, è un calcolo sbagliato e pericoloso che potrebbe finire con il mettere in pericolo gli stessi cittadini Usa”.

LEGGI  Putin: la Federazione Russa istituirà un proprio sistema di pagamento nazionale

“Vorrei sottolineare ancora una volta che gli interventi della Russia in Siria sono completamente legittimi, e hanno come solo scopo quello di ripristinare la pace”; “noi dobbiamo unire gli eserciti siriani e iracheni e le fazioni curde per sradicare il terrorismo e siamo pronti a coordinare le nostre azioni militari con i partner occidentali”. (Lna)

Source: Putin avverte: guerra mondiale sempre più probabile | StopEuro.org